Con il decreto fiscale 2019 (articolo 16, comma 1, D.L. n. 119/2018) l’utilizzo delle modalità telematiche per lo svolgimento dei processi tributari è diventato obbligatorio per i ricorsi e gli appelli notificati a partire dal 1 luglio 2019, per i giudizi instaurati in primo e secondo grado.  A partire da tale data, quindi, gli atti introduttivi del processo tributario devono essere obbligatoriamente notificati tramite posta elettronica certificata, e quindi  depositati presso le Commissioni tributarie attraverso modalità telematiche.

La norma in questione, tuttavia, impone l’utilizzo del canale telematico solo per i primi due gradi di giudizio, omettendo di comprendere espressamente nel proprio ambito applicativo il giudizio di riassunzione a seguito di rinvio operato dalla Corte di Cassazione (tale procedimento è disciplinato, nell’ambito del processo tributario, dall’art. 63, D.Lgs. n. 546/1992). Data la particolarità di questo tipo di giudizio, l’omissione contenuta nella norma può generare dubbi sulla corretta modalità da utilizzare, tra cartacea e telematica, per una sua corretta instaurazione. Si tratta di un tema da affrontare con particolare cautela, in quanto un errore nella scelta determina l’inammissibilità dell’atto di riassunzione notificato, tenendo anche conto che la riassunzione a giudizio a seguito di un rinvio disposto dalla Cassazione costituisce un onere del contribuente e il mancato assolvimento determinata l’estinzione dell’intero giudizio e quindi la definitivi dell’atto impositivo oggetto dell’impugnazione.

Bisogna quindi capire se il giudizio di rinvio possa essere considerato un “giudizio instaurato in secondo grado” o meno, e quindi se vige l’obbligo di utilizzare il canale telematico.

Riassunzione, una nuova fase del processo tributario?

Quando la Cassazione accoglie un ricorso, ravvisando l’esistenza di un vizio sanabile della decisione, nel caso in cui non possa definire direttamente il merito della controversa cassa la sentenza impugnata, rimettendo la causa ad un giudice di grado pari a quello che ha pronunciato la sentenza oggetto del ricorso.

In base a tale procedimento, è possibile affermare che, in linea generale, il giudizio rescindente, ossia l’annullamento della sentenza impugnata, si svolge davanti alla Corte di Cassazione, mentre il giudizio rescissorio, ossia l’esame di merito della causa, si svolge davanti al giudice del rinvio. Il giudizio di rinvio, perciò, rappresenta la prosecuzione del processo di Cassazione e non una riapertura della fase conclusa con la sentenza di secondo grado cassata, in quanto il giudice di rinvio è chiamato a prendere una decisione che la Cassazione non è in grado di compiere.

Stabilito quindi che la riassunzione rappresenta una nuova e autonoma fase di un processo tributario unitario che ha come scopo la produzione di una sentenza che, senza sostituirsi alla precedente pronuncia, statuisce per la prima volta sulle domande poste dalle parte, il giudizio di rinvio non può essere assimilato ai giudizi di secondo grado per i quali il decreto fiscale 2019 stabilisce l’obbligo della modalità telematica.

Giudizio di rinvio: preferibile la modalità telematica

Nonostante ciò, l’utilizzo della modalità telematiche per riassumere il giudizio a seguito del rinvio operato dalla Cassazione sembra sempre preferibile. Infatti, anche se il giudizio rescissorio, viste le sue particolarità, non costituisce un giudizio instaurato in secondo grado, bisogna considerare che l’art. 63, comma 1, D.Lgs. n. 546/1992, nel disciplinare nell’ambito del processo tributario il giudizio di rinvio, prevede espressamente che la riassunzione debba essere svolta nelle forme rispettivamente previste per i giudizi di primo e secondo grado. Considerando quanto disposto dall’art.63, comma 1, D.Lgs. n. 546/1992 e dall’art. 16, comma 5, D.L. n. 119/2018, dal punto di vista formale si traggono argomenti decisamente a favore dell’obbligo di utilizzo di modalità telematiche anche per i giudizi di riassunzione.

Ma i punti a favore di questa soluzione non solo solo formali. Innanzitutto, dal punto di vista sistematico, è chiaro come il legislatore abbia voluto, nel comma 5 dell’art. 16, D.L. n. 119/2018, decretare la fine della fase sperimentale del processo tributario telematico e quindi escludere la facoltatività della scelta tra il canale cartaceo o telematico per il suo svolgimento. Tale scelta sarebbe di fatto vanificata qualora si ammettesse la possibilità di introdurre il giudizio di rinvio con la modalità cartacea.

Prova gratis iContenzioso

Inoltre, anche nel caso in cui si decidesse di non comprendere il giudizio di rinvio tra quelli per cui vige l’obbligo del telematico, la scelta di utilizzare strumenti informatici non è assolutamente impedita dall’eventualità che la parte abbia utilizzato la modalità cartacea nei primi gradi di giudizio.

Anche nel regime di facoltatività, infatti, l’unico obbligo era quello previsto dall’art. 2, comma 3, D.M. n. 163/2013, secondo il quale “La parte che abbia utilizzato in primo grado le modalità telematiche di cui al presente regolamento è tenuta ad utilizzare le medesime modalità per l’intero grado del giudizio nonché per l’appello, salvo sostituzione del difensore“.

La scelta operata inizialmente sulle modalità di presentazione, quindi, non poteva essere modificata solo nel caso in cui la parte avesse optato per le modalità telematiche; al contrario, la modifica del criterio utilizzato era consentita bel caso in cui il processo tributario fosse stato instaurato inizialmente con la modalità cartacea, come stabilisce anche la stessa Corte di Cassazione.

Quindi, dal momento che nel passaggio da un grado al successivo le parti che abbiano utilizzato il cartaceo possono sempre passare alle modalità telematiche, nulla impedisce, nel caso si volesse ricondurre il giudizio di rinvio nell’ambito del regime di facoltatività, di utilizzare il canale telematico pur in presenza di gradi precedenti cartacei.

Vista la delicatezza della questione, è comunque auspicabile un chiarimento, visto che la riassunzione a giudizio a seguito del rinvio in Cassazione rimane un onere del contribuente, il cui mancato assolvimento comporta l’estinzione dell’intero giudizio e quindi la definitività dell’atto impositivo oggetto dell’impugnazione.