La Legge 197 del 2022 e il Decreto Legislativo 34 del 2023 disciplinano la risoluzione delle controversie tributarie e le relative sanzioni.

Innanzitutto, l’articolo 1, specificamente i commi da 206 a 212, della Legge 197 del 2022, introduce una nuova modalità per risolvere le controversie fiscali. Questa procedura prevede la sottoscrizione di un accordo conciliativo fuori udienza, che rappresenta una modalità alternativa rispetto alle vie legali tradizionali. L’elemento più rilevante di questa disposizione è il beneficio economico che offre: una significativa riduzione delle sanzioni, ridotte a un diciottesimo del minimo previsto dalla legge, indipendentemente dallo stato attuale del contenzioso. Inoltre, la legge concede il vantaggio di una vasta rateizzazione dei pagamenti dovuti. Questa rateizzazione si articola in venti rate trimestrali di pari importo, rendendo più gestibile il pagamento per il contribuente.

Secondo l’articolo 1, comma 206, della stessa legge, il nuovo strumento è applicabile alle controversie relative a qualsiasi tipo di atto impositivo pendente al 1° gennaio 2023, sia in primo che in secondo grado. Questo è stato successivamente esteso con l’articolo 17, comma 2, del Decreto Legislativo 34 del 2023. Questa ulteriore disposizione stabilisce che possono essere definite in conciliazione anche le controversie pendenti al 15 febbraio 2023, purché le parti firmino l’accordo conciliativo, come previsto dall’articolo 48 del Decreto Legislativo 546 del 1992, entro il 30 settembre 2023. Questo termine è stato esteso in base all’articolo 20, comma 1, lettera f), del Decreto Legislativo 34 del 2023.

Infine, l’articolo 23 dello stesso Decreto Legislativo 34 del 2023 ha introdotto una specifica disposizione in caso di adesione alle definizioni agevolate previste dai commi da 153 a 158 e da 166 a 252 dell’articolo 1 della Legge 197 del 2022. Tale disposizione prevede una causa speciale di non punibilità dei reati tributari, in relazione ai reati previsti dagli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, del Decreto Legislativo 74 del 2000. Questo significa che, se il contribuente sceglie di aderire a queste definizioni agevolate, non sarà perseguibile per determinati reati tributari.

Compensazione e conciliazione tributaria: regole applicative

Per quanto riguarda il pagamento delle somme dovute per la conciliazione agevolata, il comma 208 dell’articolo 1 della Legge 197 del 2022 stabilisce che queste somme devono essere pagate, o interamente o almeno per quanto riguarda la prima rata, entro venti giorni dalla data in cui l’accordo viene firmato. Questo obbligo è stato introdotto facendo riferimento all’articolo 48-ter del Decreto Legislativo 546 del 1992 e all’articolo 8 del Decreto Legislativo 218 del 1997.

Tuttavia, è importante sottolineare che il testo esclude esplicitamente la possibilità di utilizzare il meccanismo di compensazione previsto dall’articolo 17 del Decreto Legislativo 241 del 1997. In altre parole, il contribuente non può compensare il debito con eventuali crediti nei confronti dell’erario.

Nonostante l’esclusione di tale compensazione, secondo quanto specificato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare 2/E/2023 e nel Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate numero 27663 del 30 gennaio 2023 (punto 3.1), ciò non esclude la possibilità di definire gli atti in conciliazione secondo le regole ordinarie vigenti. Pertanto, la compensazione di cui all’articolo 17 del Decreto Legislativo 241 del 1997 sembra essere permessa, ma con applicazione di sanzioni ordinarie. Questo significa che la sanzione applicabile sarebbe il quaranta per cento del minimo previsto dalla legge, nel caso la conciliazione avvenga nel corso del primo grado di giudizio, e il cinquanta per cento del minimo previsto dalla legge, se la conciliazione avviene nel corso del secondo grado di giudizio.

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Nonostante l’introduzione di nuove modalità di conciliazione tributaria, quindi, la procedura di conciliazione ordinaria, o “a regime”, non è stata eliminata o messa da parte, ma continua ad essere disponibile per i contribuenti.

In effetti, il contribuente ha la facoltà di optare per la definizione dell’atto in conciliazione secondo le regole tradizionali, che sono dettagliate nell’articolo 48 ter del Decreto Legislativo 546 del 1992. Questa possibilità di scelta garantisce una certa flessibilità al contribuente, permettendogli di valutare quale opzione sia più vantaggiosa o più adatta alla sua situazione specifica.

Inoltre, quando il contribuente sceglie la conciliazione secondo le regole ordinarie, le somme dovute possono essere compensate. Questo è possibile sia in base all’articolo 17 del Decreto Legislativo 241 del 1997 che all’articolo 28-quinquies del Decreto del Presidente della Repubblica 602 del 1973.

Quest’ultimo articolo prevede che i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili nei confronti delle amministrazioni pubbliche, come indicato nell’articolo 1, comma 2, del Decreto Legislativo 65 del 2001, possano essere compensati con le somme dovute a seguito di conciliazione giudiziale. Questi crediti possono includere somme dovute per forniture, appalti e altre prestazioni fornite alle amministrazioni pubbliche.

Importante è notare che tale compensazione può avvenire solo su specifica richiesta del creditore e deve essere gestita esclusivamente attraverso i servizi telematici offerti dall’Agenzia delle Entrate. Questo contribuisce a garantire trasparenza e tracciabilità nel processo di compensazione.

Inoltre, è importante che il credito in questione sia debitamente certificato secondo l’articolo 9, comma 3-bis, del Decreto Legge 185 del 2008, come modificato e convertito dalla Legge 2 del 2009, oppure secondo l’articolo 9, comma 3-ter, lettera b), ultimo periodo, dello stesso decreto. Questo è un passo fondamentale per garantire che il credito sia legittimo e formalmente riconosciuto.

Inoltre, la certificazione del credito deve specificare la data prevista per il pagamento. Questo fornisce una chiara tempistica per l’intera operazione, permettendo a tutte le parti coinvolte di organizzarsi di conseguenza.

Una volta che tutte queste condizioni sono soddisfatte, la compensazione viene immediatamente trasmessa attraverso canali telematici dall’Agenzia delle Entrate alla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni. Questa piattaforma è gestita dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF).

L’uso di questi strumenti digitali assicura che il credito certificato possa essere utilizzato solo una volta, evitando quindi duplicazioni o abusi. Questo processo segue le linee guida stabilite dal Decreto Ministeriale del 14 gennaio 2014 e dalla circolare numero 36 del 2012 del MEF, che forniscono ulteriori dettagli sull’attuazione di queste norme.

Credits: Jirapong Manustrong /GettyImagePro