Tra gli obiettivi principali del nuovo Governo c’è il ripensamento dell’intero sistema fiscale italiano, con l’obiettivo di renderlo più snello ed efficiente. Per realizzare questo ambizioso obiettivo è impensabile considerare di mettere in atto solo la riforma dell’Irpef, ormai imminente, perché ormai la cosiddetta Imposta unica universale di “unico” ha ben poco. Questa forma di tassazione, ormai utilizzata in pratica solo da pensionati e lavoratori dipendenti, si è infatti sommata ad una platea di imposte sostitutive, che generano un gettito fiscale considerevole, pari al 22,7 miliardi di euro nel 2020.

Cosa sono le imposte sostitutive

Come suggerisce il termine stesso, l‘imposta sostitutiva è il tributo che sostituisce altre forme di imposizione fiscale, da una parte alleggerendo il carico fiscale del contribuente, e dall’altra riducendo il rischio di evasione.

Le imposte sostitutive alle quali possono accedere i contribuenti sono decine: le più note sono la cedolare secca sugli affitti residenziali, l’imposta sostitutiva sulle riserve matematiche delle assicurazioni per la vita, quella su interessi e premi di obbligazioni e titoli di Stato, quella sui redditi e le plus valenze, il regime forfettario per i lavoratori autonomi (la cosiddetta flat tax), ma esistono anche imposte sostitutive sulle lezioni private o sulla raccolta del tartufo.

Tutte queste forme di tassazione generano complessivamente introiti che, nel 2020, sono stati da record: 2,6 miliardi derivanti dall’imposta sui redditi di capitale e le plusvalenze e 1,3 miliardi della sostitutiva sull’attivo dei fondi pensione.

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Inoltre la cedolare secca sugli affitti abitativi è in costante crescita, avendo superato nel 2020 i 3 miliardi di gettito (+4,6% su base annua); anche la flat tax degli autonomi registra numeri importanti: i contribuenti che la utilizzano sono più di 1,5 milioni, per un gettito nelle casse pubbliche di almeno 1,5 milardi l’anno, senza contare che nel 2020 il regime forfettario è stato scelto da 215.500 titolari di partita Iva.

Come si calcolano le imposte sostitutive

Calcolare l’imposta sostitutiva è piuttosto semplice, perché non è necessario applicare aliquote differenti su diverse basi imponibili (come redditi, fatturati, mutui, ricavi e così via) e sommare gli importi. Al contrario, basta applicare la percentuale del tributo al valore su cui si calcola per ottenere immediatamente il totale delle imposte erariali.

Tuttavia, esistono diverse aliquote per ogni campo nel quale interviene l’imposta stessa, che contribuiscono a moltiplicare i coefficienti e a rendere pachidermica la macchina del fiscale italiana.

La necessità di una riorganizzazione delle imposte sostitutive

La riorganizzazione della galassia delle imposte sostitutive sta diventando impellente e fondamentale, dal momento che il disordine pesa direttamente sulle casse dello Stato.

Sicuramente, ad oggi, è impossibile pensare di ripristinare l’imposta unica sul reddito (Irpef) così come era stata concepita originariamente. Il numero dei dipendenti con il posto fisso e dei pensionati, che utilizzano l’Irpef, è sempre più in calo, mentre quello delle partite Iva e dei lavoratori autonomi cresce sempre di più.

Il tema della riforma dell’intero sistema fiscale è al centro di un dibattito acceso: da una parte il regime forfettario sembra non essere in messo in discussione per gli autonomi, ma dall’altra la questione del rapporto tra aliquote e introiti reali è di difficile gestione, specialmente nel momento di crisi che il Paese sta attraversando.