Proseguiamo con la nostra guida all’interno degli strumenti deflativi del contenzioso tributario. Abbiamo già parlato di ravvedimento operoso e interpello, ora concludiamo il nostro excursus in questa materia parlando di autotutela, mediazione tributaria e conciliazione.

L’autotutela come strumento deflativo

L’autotutela è uno strumento deflativo che si attiva nel momento in cui l’Amministrazione finanziaria prende atto di un errore commesso e annulla il proprio operato correggendo tale errore, senza attendere la decisione di un giudice.

L’autotutela è disciplinata da DM 11/2/1997 n.37 e prevede che l’atto illegittimo possa essere annullato d’ufficio oppure su richiesta del contribuente. È importante sottolineare come, in quest’ultimo caso, l’inoltro dell’istanza non sospenda i termini per la presentazione del ricorso davanti ad un giudice tributario.

L’annullamento di un atto dell’Amministrazione finanziaria può infatti essere disposto anche se:

  • il contenzioso tributario che ne è derivato è ancora pendente
  • i termini per il ricorso sono scaduti e l’atto è diventato definitivo
  • il ricorso del contribuente è stato respinto per motivi formali, quali inammissibilità, improcedibilità e irricevibilità, con sentenza passata in giudicato.

È chiaro che l’annullamento dell’atto illeggitimo comporta anche quello di tutti gli atti che ne sono derivati e l’obbligo di rimborso delle somme riscosse in forza degli stessi.

Strumenti deflativi: l’acquiescenza

L’acquiescenza è uno strumento deflativo del contenzioso tributario che si applica nei casi in cui gli avvisi di accertamento ricevuti da un contribuente siano fondati su dati e valutazioni difficilmente confutabili. In tal caso il contribuente può ottenere una riduzione delle sanzioni ad un sesto, in caso rinunci all’impugnazione e a presentare istanza di accertamento con adesione, e quindi provveda al pagamento di quanto dovuto entro 60 giorni dalla notifica dell’atto.

Tale importo può essere dilazionato, senza che vi sia la necessità di presentare garanzie, in un massimo di otto rate trimestrali.

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Definizione agevolata delle sole sanzioni

Questo strumento deflativo permette al contribuente di definire in via agevolata le sole sanzioni amministrative irrogate con l’avanzamento della pretesa tributaria, mantenendo la possibilità di procedere con il contenzioso davanti al Giudice speciale competente per l’accertamento delle maggiori imposte accertate.

Attraverso al definizione agevolata è possibile pagare in un’unica soluzione e nella misura ridotta di un terzo, a condizione che il versamento avvenga entro il termine per la presentazione del ricorso.

È possibile ricorrere a questo strumento deflativo anche nel caso in cui la procedura di accertamento con adesione, avviata prima della proposizione del ricorso, si sia conclusa con esito negativo.

Istanza di accertamento con adesione

La già citata procedura di accertamento con adesione permette al contribuente di definire l’avviso di accertamento che gli è stato notificato senza ricorrere all’autorità giudiziaria.

È possibile definire:

  • le imposte sui redditi
  • l’Iva
  • le imposte di successione e donazione
  • le imposte di registro, ipotecarie e catastali.

Questa procedura può essere attivata dal contribuente tramite la presentazione, entro i 60 giorni dalla notifica dell’atto, di una domanda in carta libera, nella quale si chiede all’ufficio di formulare una proposta di accertamento per l’eventuale definizione. Entro 15 giorni dal ricevimento della domanda l’ufficio formula al contribuente, anche telefonicamente, l’invito a comparire per l’instaurazione del contraddittorio.

L‘inoltro dell’istanza di accertamento comporta una sospensione di 90 giorni del decorso dei termini per la presentazione del ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale territoriale competente.

L’accordo può essere raggiunto in contraddittorio e può richiedere più incontri, durante i quali il contribuente può farsi assistere e rappresentare. Se l’accordo viene raggiunto, sarà riportato su un atto di adesione che dovrà essere sottoscritto da entrambe le parti.

È bene specificare che l’accertamento definito con adesione non è soggetto ad impugnazione e non è integrabile o modificabili dall’ufficio. Inoltre, l’intera procedura si considera perfezionata solo con il pagamento delle somme risultati dall’accordo raggiunto.

Nel caso in cui non si raggiunga un accorso, il contribuente ha la possibilità di presentare ricorso al giudice tributario contro l’atto emesso dall’ufficio.

Grazie all’adesione il contribuente può beneficiare della riduzione delle sanzioni nella misura di un terzo. L’importo dovuto può essere dilazionato, senza dover presentare garanzie, in un massimo di otto rate trimestrali di pari importo.

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La mediazione tributaria

La mediazione tributaria è tra gli strumenti deflativi più noti ed è stata introdotta dall’art.39,co.9, del D.L. 6/7/2011 n.98, convertito con modificazioni nella legge 15/5/2011 n.111.

Questo istituto consente al contribuente di definire bonariamente controversie di valore non superiore a 20 mila euro, attraverso la presentazione di un reclamo prima dell’instaurazione del contenzioso tributario. La mediazione può essere applicata ad atti emessi dall’Agenzia delle Entrate e notificati a partire dal primo aprile 2012.

Il valore della lite deve essere determinato considerando ciascun atto impugnato ed è dato dall’importo del tributo al netto di interessi ed eventuali sanzioni. Se la controversia riguarda esclusivamente le sanzioni, allora il valore della lite sarà costituito dalla somma di queste.

La presentazione del reclamo è obbligatoria e condizione necessaria per l’ammissibilità del ricorso. Tale reclamo deve essere presentato alla Direzione provinciale o alla Direzione regionale che ha emanato l’atto. Bisogna specificare che l’inammissibilità del ricorso è rilevabile dall’ufficio competente in ogni stato e grado del giudizio.

L’istituto della mediazione tributaria è incompatibile con la procedura di accertamento con adesione, perciò, in caso il contribuente abbia presentato quest’ultima istanza, il termine per la proposizione dell’eventuale reclamo successivo è sospeso per 90 giorni.

Al reclamo deve essere allegata una copia dei documenti che il contribuente vuole depositare in sede di eventuale costituzione in giudizio. Il reclamo può inoltre contenere una motivata proposta di mediazione, con la rideterminazione dell’ammontare della pretesa.

L’ufficio competente, dopo l’istruttoria, può accogliere, anche in via parziale, o rigettare l’istanza o anche formulare una proposta di mediazione nel caso vi sia incertezza sulle questione controverse, con riguardo al grado di sostenibilità della pretesa e al principio di economicità dell’azione amministrativa.

Trascorsi 90 giorni dal ricevimento del reclamo da parte dell’ufficio, senza che ci sia stato accoglimento (anche parziale) o respingimento dell’istanza, inizia a decorrere il termine di 30 giorni per la costituzione in giudizio del contribuente. Quanto detto vale anche in caso di silenzio-dienigo dell’ufficio.

Nel caso in cui il procedimento di mediazione si concluda con esito negativo, nel successivo giudizio tributario la parte soccombente è tenuta a pagare, oltre alle spese di giudizio, anche un’ulteriore somma pari al 50% di queste ultime, come rimborso delle spese per il procedimento di mediazione.

Escludendo i casi di soccombenza reciproca, la Commissione tributaria può compensare del tutto o in parte le spese tra le parti solo se ricorrono le giuste ragioni, da spiegare nelle motivazioni, che abbiano indotto la parte soccombente a rifiutare la proposta di mediazione.

In caso di esito positivo della procedura di mediazione, invece, il contribuente può beneficiare di una riduzione delle sanzioni pari al 40%. Questo beneficio è riconosciuto anche nel caso in cui il contribuente decida di pagare interamente l’imposta prevista dall’atto impugnato.

Conclusa la mediazione con esito positivo, le parti redigono un processo verbale nel quale si indicano le somme dovute a titolo d’imposta, di sanzioni e di interessi. Il processo verbale è titolo per la riscossione delle somme dovute attraverso versamento diretto in un’unica soluzione o in un massimo di otto rate trimestrali di parti importo o, se la somma dovuta supera i 50 mila euro, in un massimo di 12 rate trimestrali.

La mediazione si intende perfezionata con il versamento, entro venti giorni dalla data di redazione del processo verbale, dell’intero importo o della prima rata.

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Strumenti deflativi: la conciliazione tributaria

Questo strumento deflativo permette al contribuente che ha in corso una causa contro l’Erario di chiuderla, parzialmente o integralmente, prima che sia emessa una sentenza.

La conciliazione giudiziale può essere applicata in tutte le controverse per le quali hanno giurisdizione le Commissioni tributarie provinciali e non oltre la prima udienza.

La proposta di conciliazione giudiziaria può essere formulata sia dalla Commissione adita che dalle parti stesse. Il tentativo di conciliazione non è in ogni caso vincolante: se non si raggiunge un accordo, infatti, il contenzioso prosegue.

Se la conciliazione avviene in udienza, la Commissione adita redige un apposito verbale indicando le somme dovute dal contribuente a titolo di imposta, di interessi e di sanzioni. Tale varbale sarà titolo per la riscossione.

Se invece la conciliazione avviene fuori udienza, l’ufficio, prima di fissare la data di trattazione, provvede a depositare una proposta con i contenuti dell’accordo presso la segreteria della Commissione.

Se l’accordo è confermato, il Presidente della commissione dichiara con un decreto l’estinzione del giudizio.

La procedura si conclude con il pagamento delle somme concordate.

La conciliazione determina una riduzione della sanzione al 40% delle somme irrogabili, in rapporto all’ammontare del tributo che risulta dalla conciliazione stessa.

Il pagamento può essere dilazionato, senza obbligo di presentare delle garanzie, in un mattimo di otto rate trimestrali i pari importo o un massimo di 12 rate semestrali se la somma dovutra supera i 50 mila euro.