Secondo quanto previsto dal decreto fiscale 2019, la presentazione di un’istanza di rottamazione determina la sospensione delle liti pendenti. Cosa succede, tuttavia, se il giudice che riceve l’istanza di definizione agevolata ritiene che il presupposto previsto dalla legge non sia sussistente, ad esempio perché crede che la controversia non sia definibile?

Questa è una delle problematiche applicative emerse in merito alla sospensione delle liti pendenti per pace fiscale, sulle quali i giudici tributari di merito e la Corte di Cassazione hanno già espresso le prime pronunce.

Cerchiamo quindi di inquadrare la questione dal punto di vista normativo, in modo da avere un quadro più chiaro.

La richiesta di sospensione liti pendenti del contribuente

Il comma 10 dell’art.6 del D.L. n. 119/2018 stabilisce che “le controversie definibili non sono sospese”, ma specifica anche “salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo”.

L’interpretazione prevalente di questa norma è quella di attribuire alla richiesta del contribuente esclusivamente l’effetto immediatamente derogatorio della regola generale in merito alla non sospensione ex lege delle controversie definibili. Il contribuente quindi non avrebbe l’obbligo di presentare l’istanza di definizione: la legge limita l’effetto della dichiarata volontà solo all’“avvalersi delle disposizioni del presente articolo”, che prevede la possibilità e non l’obbligo di presentare l’istanza di definizione.

Tale interpretazione è corroborata dal fatto che la legge stessa contempla solo l’ipotesi che, entro il 10 giugno 2019, sia “depositata presso l’organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata”, senza configurare ulteriormente l’alternativa di una non presentazione della domanda entro il termine stabilito.

La richiesta di sospensione, quindi, consente nell’operatività una sospensione delle liti pendenti ex lege che equivale, sul piano funzionale ad una concessione al contribuente volta alla valutazione dell’opportunità, e quindi alla convenienza, di presentare domanda di definizione delle controversie pendenti.

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Sospensione liti pendenti fino al 10 giugno 2019

Quindi, la presentazione dell’apposita richiesta al giudice, con la dichiarazione del contribuente di volersi avvalere della definizione agevolata, determina la sospensione del processo ex lege. La norma non prevede che il giudice adotti un vero e proprio provvedimento di sospensione e collega l’effetto sospensivo direttamente alla fattispecie della presentazione dell’istanza con la quale il contribuente dichiara di volersi avvalere della definizione agevolata.

Il giudice, tuttavia, non è esonerato da una presa d’atto in forma di ordinanza, nella quale potrebbe ritenere che non sussista il presupposto per la definizione agevolata della controversia oppure potrebbe decidere, in modo arbitrario di far proseguire il processo.

In questi casi, quindi, il processo proseguirà, ma lo stesso giudice dovrà decidere sull’eventuale illegittimità degli atti posti in essere in un processo che era sospeso ex lege, e tale sentenza sarà comunque impugnabile. Inoltre, l’esito di tale decisione influenzerà la legittimità di un’eventuale domanda di definizione, che potrebbe essere presentata nell’arco di tempo previsto, e degli eventuali rifiuti della definizione stessa adottati in via ipotetica.

Potrebbero quindi insorgere problematiche di non poco conto in merito al coordinamento tra queste propaggini processuali all’interno di una singola lite pendente, con il conseguente rischio di formazione di giudicanti tra loro confliggenti. In virtù di questo, il giudice dovrebbe procedere con estrema cautela nel negare una sospensione delle liti pendenti prevista normativamente.

La sospensione del processo fino al 31 dicembre 2020

Sempre il comma 10 dell’art.6 del D.L . n. 119/2018, all’ultimo capoverso, prevede che se il contribuente deposita, entro il 10 giugno 2019,  presso l’organo giurisdizionale dinnanzi al quale pende la controversia, una copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti, il processo resti sospeso fino al 31 dicembre 2020.

A livello strutturale non sussistono differenze tra la prima sospensione, al 10 giugno 2019, e la seconda, mentre funzionalmente sono ben distinte.

La sospensione delle liti pendenti fino al 10 giugno 2019 giova al contribuente nelle sue decisioni in merito all’opportunità di presentare o meno la domanda di definizione, mentre la seconda, fino al 31 dicembre 2020, è indirizzata all’attività istruttoria necessaria alle determinazioni che competono all’Ufficio sulla domanda di definizione agevolata .

Entrambe le sospensioni, tuttavia, possono essere inquadrate nell’ambito della cosiddetta sospensione impropria del processo, dovuta quindi all’esigenza di avere uno stato di temporanea quiescenza. La sospensione del processo, inoltre, non impedisce l’attivazione delle procedure 47 e/o 52 e/o 62-bis del D.Lgs. n. 546/1992, come gli atti di riscossione. Se nel periodo di quiescenza scadono i termini per la proposizione di motivi aggiunti, poi, il relativo termine potrà ritenersi rispettato senza contare il periodo di tempo corrispondente alla durata della sospensione del processo.

Infine, durante i periodi di sospensioni sono legittime e praticabili tutte le attività relative al meccanismo di definizione, incluse anche le iniziative impugnatorie previste dal comma 11.

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La riattivazione del processo dopo la sospensione

La legge generale in tema di processo tributario prevede che, una volta terminata la causa che ne ha determinato la sospensione, il processo debba essere riattivato entro sei mesi dalla cessazione dello stato di quiescenza. Tale impostazione può essere seguita anche per la disciplina prevista nel decreto sulla pace fiscale?

La norma non fa menzione in merito a una eventuale omissione di ripresa del processo dopo al sospensione fino al 10 giugno 2019 e prevede unicamente che, “in mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2020 dalla parte interessata”, il processo possa essere dichiarato estinto con decreto del Presidente, con la specificazione che “l’impugnazione della pronuncia giurisdizionale e del diniego, qualora la controversia risulti non definibile, valgono anche come istanza di trattazione”.

Interpretando la disciplina in un’ottica di valorizzazione della sua specialità si potrebbe quindi escludere l’applicabilità della normativa generale per il dopo sospensione fino al 10 giugno 2019, essendo inoltre poco compatibile con la previsione di estinzione del processo solo in mancanza di istanza di trattazione entro il 31 dicembre 2020.

Sospensione liti pendenti: l’estinzione del processo

Il comma 13 dell’art.6 del D.L. n. 119/2018 prevede che “in mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2020 dalla parte interessata, il processo è dichiarato estinto, con decreto del Presidente”.

In questo passaggio è importante sottolineare come si parli di presentazione dell’istanza “dalla parte interessata”, che non deve essere necessariamente il contribuente, il quale potrebbe avere in alcuni casi interesse all’estinzione, ad esempio nel caso in cui la sospensione riguardi un giudizio di appello attività dall’Ufficio avverso una sentenza che dichiara il contribuente vittorioso.

La tematica dell’estinzione del processo tributario è particolarmente complessa, ma in termini generali possiamo evidenziare la necessità di considerare attentamente gli effetti dell’estinzione dei giudici pendenti caso per caso, prima della presentazione della domanda. Sempre in generale, possiamo ricordare che nei giudizi di primo grado l’estinzione del processo è seguita sempre dall’inoppugnabilità dell’atto impegnato, in quanto tutti gli atti del processo sono inefficaci e quest’ultimo diventa definitivo. Da qui emerge chiaramente l’interesse del contribuente affinché il processo non sia estinto.

In caso di mancata riassunzione o di intervenuta estinzione del giudizio in fase di riassunzione, a seguito della pronuncia della Cassazione con rinvio, la situazione è per lo più analoga, anche se bisogna sottolineare la peculiarità della possibile esistenza di giudicati interni che non possono essere coinvolti nell’inefficacia derivante dall’estinzione.

Nel giudizio di appello, infine, l’estinzione comporta il passaggio in giudicato della sentenza di primo caso: è quindi fondamentale tener conto del contenuto di tale sentenza, in modo da evitare che si determino risultati sfavorevoli per il contribuente, che deve valutare attentamente le conseguenze dell’estinzione del giudizio di appello.

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