Lo sciopero dei commercialisti, indetto dal 30 settembre al 7 ottobre 2019, parte dalla richiesta di disapplicazione degli Isa, ma coinvolge molto altro. Innanzitutto, un disagio crescente, percepito da tutta la categoria, e che parte da una richiesta a lungo inascoltata: il rispetto.

I commercialisti, infatti, si muovono in un sistema fiscale complesso e articolato, in continua evoluzione e che richiede uno studio costante per far fronte alla complessità delle regole, senza tuttavia poter contare sulla loro certezza.

Inoltre, il sistema fiscale italiano richiede investimenti, anche importanti, per i software e il loro aggiornamento: negli ultimi anni i commercialisti sono stati infatti coinvolti nella creazione di banche dati fiscali e nella lotta al riciclaggio e l’evasione fiscale. Si tratta di attività extra, che richiede sempre più tempo e investimenti, ma che difficilmente ha un ritorno economico dai clienti. E la semplificazione che dovrebbe giustificare questo numero crescente di adempimenti non vede ancora la luce.

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Nonostante tutto ciò, i commercialisti non hanno mai utilizzato lo strumento dello sciopero, tanto che fino a cinque anni fa non esisteva nemmeno un Codice che regolamentasse la protesta collettiva. Nel 2014 questo Codice è stato creato, ma il primo sciopero dei commercialisti è stato indetto solo dopo tre anni.

Quello dal 30 settembre al 7 ottobre, infatti, non è il primo sciopero dei commercialisti indetto, ma probabilmente sarà il primo ad essere effettivamente portato a termine.

La prima volta, a dicembre 2016, l’astensione della categoria era stata proclamata dalle sigle sindacali che, di comune accordo, avevano individuato 12 questioni indifferibili, dallo spesometro alla sospensione delle sanzioni per nuovi adempimenti. Il primo sciopero dei commercialisti avrebbe dovuto svolgersi dal 27 febbraio al 6 marzo 2017, ma la protesta fu revocata il 15 febbraio dopo alcune concessioni da parte del Mef.

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Nello sciopero indetto dal 30 settembre al 7 ottobre, i commercialisti hanno limitato i punti da discutere a quattro richieste che, escludendo la proroga degli Isa, sono questioni di metodo. Senza entrare nel merito dei singoli adempimenti, infatti, la categoria chiede di essere consultata quando si scrivono le norme che hanno impatti sulle proprie attività, torna a ribadire la necessità di una semplificazione e la riduzione degli adempimenti. Ma soprattutto, i commercialisti chiedono il rispetto della legge 212/2000, il cosiddetto Statuto del contribuente. Lo Statuto, infatti, pur essendo una legge dello Stato, è sempre meno rispettato perché derogabile con estrema facilità. Tale mancanza di rispetto ha spinto due sigle sindacali a chiedere le dimissioni dei Garanti del contribuente in segno di protesta.