Nell’applicazione di interessi e sanzioni Fisco e contribuenti ricevono un trattamento completamente diverso. Il Fisco infatti incassa circa il 43% a titolo di percentuali sulle imposte non versate, mentre al cittadino non spetta oltre il 2% quando è il Fisco a pagare, ad esempio nel caso dei rimborsi ritardati.

La riscossione pertanto ad oggi penalizza fortemente il cittadino-contribuente e al contrario favorisce al massimo le richieste dell’amministrazione.

Le sanzioni incassate dal Fisco

Quando il Fisco iscrive a ruolo la liquidazione delle imposte (art. 36 – bis, dpr 600/73), pretende dal contribuente in mora, anche per motivi di forza maggiore come pandemia, crisi economica o del settore e così via, le seguenti percentuali sulle imposte non versate:

  • il 4% annuo a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento e fino alla data di consegna all’agente della riscossione dei ruoli nei quali tali imposte sono iscritte (art. 20, dpr 602/73 e art. 2, dm 21/5/2009);
  • il 4,5% annuo sulle somme per le quali pagamento è stato rateizzato o sospeso (art. 21, dpr 602/73 e art. 3, dm 21/5/2009);
  • il 2,68% annuo, decorsi inutilmente i 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale, escluse le sanzioni e gli interessi; gli interessi di mora si applicano a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento (art. 30, dpr 602/1973);
  • il 30%, sanzione per ritardati od omessi versamenti diretti (art. 13, c. 1, dlgs 471/97);
  • il 6%, a titolo di onere della riscossione a carico totale del contribuente debitore, che non versa entro 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale, sulle somme iscritte a ruolo e sui relativi interessi di mora riscossi (art. 9, dlgs 159/2015).

In totale, le sanzioni ammontano al 42,68% sull’importo non versato.

Premettendo che il tasso degli interessi legali (art. 1284 cc) è variato nel corso degli anni (0,30% per il 2018, 0.80% per il 2019, 0,05% per il 2020 e 0,01% per il 2021), il Fisco ad oggi non si è ancora adeguato a queste disposizioni normative:

  1. la misura degli interessi fiscali per la riscossione e i rimborsi di ogni tributo è sempre determinata nei limiti di tre punti percentuali di differenza rispetto ai tassi di interesse fissati dall’art. 1284 cc (art. 13, c. 1, legge 133/99); il fisco non si è mai adeguato a  questa disposizione, tanto è vero che per l’anno 2021 continua ad applicare l’interesse del 4%, quando, invece, dovrebbe essere il 3,01%;
  2.  in ogni casoil tasso di interesse fiscale dovrebbe sempre essere determinato con decreto ministeriale, per la riscossione e i rimborsi, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, in una percentuale compresa tra lo 0,1% e il 3% (art. 37, dl 124/2019, convertito in legge 157/2019); il decreto ministeriale sino ad oggi non è stato ancora emanato.

Gli interessi sui rimborsi fiscali

La situazione è completamente diversa quando è il Fisco a dover pagare:

  • gli interessi per ritardato rimborso di imposte pagate e per rimborsi eseguiti mediante procedura automatizzata (artt. 44 e 44-bis, dpr 602/73) sono dovuti nella misura del 2% annuo e dell’1% semestrale a decorrere dall’1 gennaio 2010 (art. 1, c. 1, dm 21/5/2009);
  • in ogni caso, si esclude sempre il primo semestre e l’ultimo semestre in cui l’ordinativo è emesso (art. 44 e 44-bis, dpr 602/73);
  • non è ammesso l’anatocismo di cui all’art. 1283 cc (art. 37, c. 50, dl 223/2006, convertito in legge 248/2006);
  • anche per gli interessi da calcolare sui rimborsi non sono stati rispettati i limiti e le condizioni delle disposizioni normative già citate sopra ai numeri 2 e 3;
  • per il ritardo del pagamento dei rimborsi non sono previsti a carico del fisco né interessi di mora né sanzioni.

La Corte Costituzionale ha più volte sollecitato, come nell’ultima sentenza n. 120/2021, un intervento che possa mettere sullo stesso piano il Fisco e il contribuente, oltre che riformare l’aggio, ad esempio affidandolo alla fiscalità generale. La riforma fiscale dovrà senza dubbio affrontare queste due questioni.

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