Dal 1 luglio 2019 il Processo Tributario Telematico sarà obbligatorio per tutti, nell’alveo del processo di digitalizzazione della giustizia già attuato per il processo civile e amministrativo. Dopo due anni di “sperimentazione”, nei quali il Processo Tributario Telematico era una facoltà delle parti, si entra quindi nel vivo: la redazione e la presentazione degli atti del processo sarà quindi sempre dematerializzata. Alla base di tutto ciò c’è la posta elettronica certificata (PEC), strumento fondamentale per la comunicazione e la notificazione di ogni atto e del processo, e la firma digitale, che consente il deposito telematico dei ricorsi e degli atti processuali presso le Commissioni tributarie.

Con l’obbligatorietà del Processo Tributario Telematico, il decreto fiscale 2019 ha riconosciuto al difensore del contribuente la possibilità di certificare la conformità degli atti, ma anche delle copie degli atti e dei documenti che il contribuente possiede in originale o in copia conforme. Tale potere, come chiarito dal Dipartimento delle Finanze del MEF, spetta non solo ai difensori della parte pubblica, ma anche  quelli dei contribuenti, che potranno autenticare i documenti estratti dal fascicolo  processuale. Vediamo quindi nel dettaglio cosa prevede il decreto fiscale 2019 in relazione al Processo Tributario Telematico.

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Processo Tributario Telematico e decreto fiscale 2019

Il D.L. n. 119/2018 ha introdotto importanti novità nella materia relativa al Processo Tributario Telematico: in particolare, la modifica dell’articolo 16-bis del D.Lgs. n. 56/1992 prevede l’eliminazione pressoché totale della impossibilità di depositare la copia cartacea degli atti processuali, come detto a partire dal 1 luglio 2019.

Il decreto fiscale 2019 prevede che quando la notificazione va a buon fine, anche solo nei confronti di uno solo dei due difensori che compongono il collegio difensivo, la notifica del messaggio di posta elettronica certificata si considera efficace ai fini del perfezionamento della comunicazione effettuata dagli Uffici della Commissione.

Il comma 2 dell’articolo 16-bis è stato invece completamente sostituito e prevede alcune ipotesi di eccezioni per le quali si può derogare l’obbligatorietà del deposito telematico, nell’ambito delle comunicazioni e delle notificazioni a carico degli uffici di segreteria delle Commissioni tributarie. Si tratta delle ipotesi di:

  • Indicazione mancante dell’indirizzo PEC del difensore o della parte, nel caso in cui tale indirizzo non sia reperibile da pubblici uffici
  • Mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario.

Solo in questi casi eccezionali le comunicazioni potranno essere eseguite attraverso deposito cartaceo presso al segreteria della Commissione Tributaria, ex art. 16, D.Lgs. n. 56/1992.

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Anche il comma 3 dell’articolo 16-bis è stato interamente riscritto e, come anticipato, sancisce l’obbligatorietà del Processo Telematico Tributario per tutte le controversie che si instaureranno a partire dal 30 giugno 2019. A poter optare per la procedura classica e “cartacea” saranno esclusivamente i contribuenti che decideranno di stare a giudizio senza assistenza tecnica, per le liti di valore non superiore a 3.000 euro.

Il decreto fiscale 2019 ha poi introdotto il comma 3-bis, che prevede, per le parti in giudizio diverse dagli uffici degli impositori e senza l’assistenza di un difensore, la possibilità di utilizzare le modalità telematiche solo nel caso in cui indichino nel ricorso o nel primo atto difensivo una PEC anche non presente nei pubblici elenchi, presso la quale ricevere le comunicazioni e le notificazioni. In caso contrario, potranno continuare a depositare la comunicazione relativa alla controversia con le modalità tradizionali.

Infine, un’ulteriore novità riguarda la possibilità per le parti di partecipare all’udienza tramite un collegamento audiovisivo, e quindi a distanza, salvo apposita richiesta formulata da almeno una delle parti nel ricorso o nel primo atto difensivo.

L’attestazione di conformità delle copie digitali di atti cartacei

L’attestazione è uno strumento necessario a garantire che la copia digitale di un atto processuale di parte, di un provvedimento del giudice e in più in generale di un documento, sia identica al suo originale o alla sua copia conforme su un supporto analogico. Nell’attestare la conformità delle copie digitali, i difensori e i dipendenti assumono ad ogni effetto la veste di pubblici ufficiali, per espressa previsione normativa.

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Il decreto fiscale ha introdotto, con il nuovo articolo 25-bis, D.Lgs n. 56/1992, la possibilità per il difensore e il dipendente di cui si avvalgono l’ente impositore, l’agente della riscossione e i soggetti iscritti all’albo di cui all’art. 56 del D.Lgs. n. 446/1997, di attestare la conformità di un atto processuale di parte, di un provvedimento del giudice o di un documento formato su supporto analogico e posseduto in originale o in copia conforme, ai fini del deposito e della notifica con modalità telematiche della copia informatica.

Il difensore, perciò, può certificare la conformità degli atti, attestare la conformità delle copie degli atti e dei documenti posseduti in originale o in copia conforme, e degli estratti dal fascicolo processuale telematico.

Su questo punto sono intervenuti anche i rappresenti del MEF, rispondendo ai quesiti con i quali si chiedeva se tale facoltà appartenesse anche al difensore del contribuente e non solo al difensore dell’Amministrazione finanziaria. Il Dipartimento delle Finanze ha infatti confermato che la facoltà di attestazione di conformità è riservata in egual misura sia ai difensori della parte pubblica che a quelli dei contribuenti, precisando inoltre che le eventuali estrazioni di copie, e le conseguenti attestazioni, sono esenti dal pagamento di eventuali diritti.

Infine, il Dipartimento delle Finanze ha chiarito che, in tema di compensazione delle spese di lite e di rimborso del contributo unificato, nel rito tributario la restituzione del contributo unificato a carico di una parte processuale può avvenire solo in caso di condanna alle spese di giudizio dell’altra parte.