La riforma della Giustizia Tributaria, tassello fondamentale per il corretto dispiegarsi del rapporto fisco-contribuenti, sembra sempre di più una realtà: sono ben due le proposte di legge arrivate in Parlamento che affrontano il tema di una definitiva revisione della funzione tradizionale dei giudici tributari.

Le due proposte di legge presentano alcuni punti comuni, come:

  • L’affidamento dell’organizzazione dei giudici di merito alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
  • L’istituzionalizzazione in due separati ruoli dei giudici tributari
  • La valorizzazione del giudice monocratico.

In particolare, gli ultimi due punti porterebbero un notevole giovamento in termini di riduzione degli organici e copertura dei costi necessari: in tal modo il corpus dei giudici tributari diverrebbe realmente una “magistratura tributaria”.

L’idea di abolire la giurisdizione tributaria fortunatamente sembra quindi tramontata: il Parlamento pare essere ormai avviato verso una riforma della giustizia tributaria, dopo la continua evoluzione della funzione dei giudici tributari, che hanno assolto all’arduo compito di rendere giustizia alla materia tributaria, divenuta sempre più complessa e rilevante sul piano economico.

Parlare di tribunali e corti d’appello tributarie, e non più di commissioni, significa quindi indicare quei connotati di indipendenza, imparzialità, terzietà e competenza specialistica raggiunta dagli organi investiti della giurisdizione tributaria.

I dati statistici mostrano infatti una progressiva riduzione dei tempi di decisione delle controversie nelle attuali Commissioni tributarie, mentre il vero ostacolo rimane il grado di legittimità davanti alla Corte di Cassazione che, data l’enorme mole dei ricorsi, non riesce a garantire tempi di risposta altrettanto rapidi. I dati mostrano quindi il buon funzionamento della giustizia tributaria: occorre quindi migliorare l’impianto attuale, senza stravolgerlo.

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Le proposte di legge sulla riforma della giustizia tributaria

Le proposte di legge n.1521 e n.1526, presentate rispettivamente il 21 e il 23 gennaio 2019 alla Camera dall’Onorevole Vita Martinciglio la prima e dagli Onorevoli Giulio Centemero e Alberto Gusmeroli la seconda, sono entrambe dirette alla riforma della giustizia tributaria.

La prima proposta presenta un articolato di quaranta disposizioni, ripartite in cinque capi, riguardanti:

  • gli organi della giurisdizione tributaria nei primi due gradi
  • l’organo di autogoverno dei giudici tributari
  • gli uffici amministrativi
  • la sezione tributaria della Corte di Cassazione
  • disposizioni finali e transitorie.

Il tutto è corredato di sette tabelle, che riguardano gli organici dei tribunali e delle Corti d’appello e i punteggi per l’accesso a giudice tributario onorario.

La seconda proposta di legge, per ora solo una bozza, ha l’obiettivo di garantire al contribuente una difesa efficace davanti a un giudice tributario che sia realmente terzo e imparziale, nel rispetto dell’art.111, comma due, della Costituzione.

Uno dei punti fondamentali di entrambe le proposte è l’affidamento dell’organizzazione dei giudici di merito, che sarebbe affidata non più al MEF ma alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, segno della massima indipendenza dell’apparato ministeriale strettamente collegato ad una delle parti più abituali del processo tributario.

Altro elemento peculiare è l’istituzionalizzazione in due separati ruoli dei giudici tributari: da un parte togati (GTT) e dell’altra onorari (GTO), nel solco ormai storico di una commistione acquisita di giudici di provenienza togata e di giudici laici all’interno dei giudici tributari di merito nel primo e nel secondo grado.

Al ruolo di giudice tributario togato si accederebbe solo per concorso pubblico, al quale sarebbero ammessi solo soggetti titolati che, una volta entrati in ruolo, non potranno appartenere ad altri ordini giurisdizionali o professionali, e che saranno adeguatamente stipendiati.

Al ruolo di giudice tributario onorario, invece, si accederebbe con apposita selezione all’interno dello stesso apparato dei giudici tributari, senza che questo comporti necessariamente l’abbandono dall’ordine, giurisdizionale o professionale, di precedente appartenenza. I soggetti reclutati non avranno compensi stipendiali, ma nemmeno meramente simbolici come quelli elargiti attualmente dal Mef.

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Infine, un’ulteriore caratteristica comune ad entrambe le proposte di legge, seppur con qualche variazione interdisciplinare, è la valorizzazione del giudice monocratico, alla luce di una più elevata qualificazione dei giudici tributari togati e onorari, in modo da compensare i vantaggi della composizione collegiale.

Gli ultimi due punti illustrati, quello dell’istituzionalizzazione dei giudici tributari togati e onorari e quello dell’impiego della composizione monocratica, avranno effetti positivi circa la riduzione degli organici e l’ottimizzazione di costi. Il nuovo assetto dei giudici tributari, dotato di un autogoverno più efficiente e di un’autonomia gestionale e funzionale, contribuisce a creare una vera e propria magistratura tributaria, nella quale dovrà confluire larga parte degli attuali componenti delle commissioni tributarie.

Lo scopo è non disperdere, attraverso l’accesso concorsuale al ruolo di GTT e il reclutamento cooptativo del ruolo dei GTO, le esperienze e competenza maturate in questi anni e quindi soddisfare le esigenze sia dei componenti togati delle commissioni sia dei componenti laici. In particolare, l’intento è permettere a chi, tra i primi, non intenda lasciare gli ordini di appartenenza, pur volendo proseguire nell’assolvere i prestigiosi incarichi svolti sinora, di avere in futuro la possibilità di una permanenza in carica oltre i limiti d’età stabiliti dagli organi di provenienza; i secondi, invece, rimanendo immutate le già previste incompatibilità, potranno ulteriormente perfezionare le precedenti esperienze per il migliori funzionamento della giustizia tributaria.

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La riforma della Giustizia Tributaria secondo i commercialisti

Il Consiglio nazionale dei commercialisti si è espresso in merito alla riforma della Giustizia Tributaria, che dovrebbe ispirarsi ai seguenti principi e criteri direttivi:

  • salvaguardare la natura speciale della giurisdizione tributaria, rinunciando alle ipotesi di riconduzione delle attuali commissioni tributaria in seno alla giustizia civile o alla Corte dei conti
  • assicurare sempre maggior indipendenza alle commissioni tributarie, introducendo un giudice sempre più specializzato che garantisca autonomia, terzietà e indipendenza della funzione giudicante, ma anche una maggiore produttività
  • trasferire la fase di reclamo-mediazione davanti agli organi di giustizia tributaria di primo grado in composizione monocratica, così da garantire l’indispensabile terzietà e indipendenza del soggetto chiamato a gestire tale istituto
  • trasferire il terzo grado di giudizio di legittimità dalla Corte di cassazione ad una nuova Commissione tributaria centrale, composta da giudici specializzati nella materia, così da ridurre la durata dell’ultimo grado di giudizio
  • prevedere l’istituzione di sezioni specializzate per materia o tributo negli organi giudicanti di primo e di secondo grado, ad esempio per i tributi locali o le controversie in materia catastale
  • introdurre per i giudici tributari l’obbligo di formazione e aggiornamento professionale continuo
  • prevedere l’istituzione di un Ufficio del massimario nazionale, composto dai rappresentanti del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, degli enti impositori e dei consigli nazionali delle professioni abilitate alla difesa in giudizio.

Centrale nella riforma della giustizia tributaria, una maggiore specializzazione e professionalità dei giudici tributari, garantita per legge attraverso una selezione di coloro che abbiano conseguito titoli di studio e di servizio nella specifica materia tributaria.