Commercialisti e avvocati devono pensare, fin da subito, ad un cambiamento radicale delle loro professioni, in risposta alla rapida evoluzione del contesto competitivo dei loro clienti. Infatti, se alcuni elementi del settore sembrano promettere segnali poco positivi, come la diminuzione della marginalità media, la concorrenza crescente, la qualità decrescente e un sempre più scarso interesse dei giovani, in realtà il settore delle professioni aziendali potrebbe essere all’alba di una nuova epoca, fatti di grandi cambiamenti e opportunità.

È quello che ritiene il professor Bernardo Bertoldi, docente di Family Business Strategy all’Università di Torino ed editorialista de Il Sole 24 Ore con la rubrica familyandtrends.

Secondo la legge della conservazione dei profitti, afferma Bertoldi, quando esiste un cliente con una disponibilità a pagare per ricevere un determinato servizio, la filiera che si occupa di servirlo dovrà riconfigurare il valore creato dalla disponibilità a pagare, distribuendolo su tutta la filiera stessa, ma il cliente nel suo complesso resterà profittevole.

Un caso lampante è quello dell’editoria: in questo settore i consumatori continuano ad essere disponibili a pagare per essere informati, pertanto la filiera si è riconfigurata per fornire loro tale servizio. Gli editori restano i principali candidati nello sfruttamento di questa riconfigurazione, se sapranno adattarsi.

Lo stesso discorso vale per commercialisti e avvocati, che dovranno adattarsi per riconfigurare le loro professione ai nuovi trend di mercato. Il professor Bertoldi propone tre ambiti di approfondimento.

Scenario 1: la polarizzazione tra vendite transazionali e relazionali

Come abbiamo detto, il cliente continua ad aver bisogno di determinati servizi, ma ciò che è cambiato è il modo in cui si acquistano. Dall’inizio del secolo, infatti, due tendenze hanno modificato le modalità con cui i clienti, ma anche le aziende, acquistano:

  1. una maggiore disponibilità di informazione strutturata
  2. una maggiore capacità di acquisto.

La digitalizzazione, infatti, ha messo a disposizione del cliente molte informazioni sui servizi che intende acquistare: nel caso delle professioni come quelle del commercialista o dell’avvocato, questo si traduce in una riduzione dell’asimmetria informativa tra il professionista, che ha competenza ed esperienza e il cliente, che informandosi può avere un’idea più precisa di quello che acquista.

Clienti più consapevoli di quello che acquistano possono permettersi di fare richieste precise per servizi modulari e questo punto i driver di scelta sono esclusivamente il prezzo e la facilità di acquisto. Ecco quindi come si spiega la pressione competitiva e i margini decrescenti di cui si parlava inizialmente.

Si tratta di un trend non modificabile e le vendite sono ormai polarizzate tra transazionali e relazionali: nelle prime, il cliente sa precisamente cosa gli serve, compra un servizio e decide in base al prezzo e alla facilità di acquisto, non in base a chi glielo fornisce; nella seconde, il cliente ha solitamente un problema complesso e ha bisogno di costruire un rapporto di fiducia con chi gli offre il servizio.  In questo ultimo caso, sono necessari incontri e tempo per costruire la fiducia tra cliente e professionista, fiducia che si basa su credibilità, affidabilità e intimità.

I professionisti non possono servire entrambi i poli in modo efficace, pertanto devono decidere se offrire servizi transazionali o relazionali ai propri clienti.

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Scenario 2: commercialisti e avvocati devono diventare manager

L’offerta di servizi è da sempre soggetta ad economie di scala e di scopo: i professionisti che si decideranno di offrire servizi transazionali dovranno avere economie di scala, servizi base profittevoli ed essere estremamente efficienti, competendo le con piattaforme di digitali, o creandone di nuove.

I professionisti che invece si posizioneranno sui servizi relazionali dovranno invece mettere in atto economie di scopo ed essere efficienti nel servire più bisogni complessi, attraverso team di professionisti dotati di competenze verticali specifiche e molto diverse tra loro. La sfida, in questo caso, è comprendere sempre più nel dettaglio i bisogni del cliente.

Non è possibile non scegliere tra i due posizionamenti, ma in ogni caso il commercialista, o l’avvocato, deve diventare un vero e proprio manager, in grado di guidare organizzazioni di professionisti e affrontare complessità specifiche. Un professionista che sappia gestire in modo efficace lo studio professionale può aumentare il margine anche di 8 o 12 punti percentuali di fatturato, il che significa solitamente triplicare il margine: più l’organizzazione è grande, più tale impatto sarà rilevate.

Scenario 3: la questione dei giovani

I giovani rappresentano una componente fondamentale del vantaggio competitivo, perché attraverso specializzazioni innovative possono completare i rinnovare le competenze dell’organizzazione in cui si inseriscono; inoltre, acquisendo in futuro quote dell’organizzazione, la valorizzano, crescendo come professionisti.

Non basta più, quindi, discutere di quote di accesso all’apprendistato e di sistemi retribuzione: commercialisti e avvocati devono fare della crescita dei giovani professionisti che potrebbero diventare soci dell’organizzazione una vera e propria priorità. Esempi da cui prendere spunto per questo processo sono le banche d’affari, come la Goldamn Sachs, e le società di head hunter, come Egon Zehnder: guardando a questi spunti per capire come formare futuri partner dovrebbe essere più semplice battere la concorrenza per i talenti di società di revisione e studi legali internazionali.

I tre scenari presentati da Bertoldi sono strettamente legati: lavorando su di essi i professionisti aziendali potranno prosperare e offrire servizi migliori ad aziende e cittadini, oltre ad un’opzione di carriera qualificata in Italia ai giovani del nostro Paese, in molti settori della filiera.