L’emergenza legata al Coronavirus non accenna a rientrare e il Governo si trova costretto a prendere misure sempre più drastiche per arginare l’ondata dei contagi. Il Dcpm pubblicato il 22 marzo 2020 prevede il blocco totale delle attività non essenziali e individua in un elenco dettagliato quelle che invece possono continuare ad operare. Il blocco è scattato da lunedì 23 marzo, ma le imprese avranno tempo fino a mercoledì 25 per adeguarsi e completare la chiusura.

Tra le attività ritenute essenziali ci sono gli studi professionali, per i quali non è prevista nessuna sospensione. Nell’elenco allegato al Dpcm sono infatti indicate le attività legali e contabili, così come gli studi di architettura e di ingegneria. Rimangono operativi anche commercialisti e contabili, tranne che nelle regioni che hanno disposto specifiche restrizioni: in Lombardia, ad esempio, è stata decisa la chiusura delle attività professionali, “salvo quelle relative ai servizi indifferibili ed urgenti o sottoposti a termini di scadenza”.

Le disposizioni previste dal Dcpm accolgono le considerazioni che i commercialisti avevano espresso nelle ore precedenti all’uscita del provvedimento, quando a circolare erano solo le bozze.

Massimo Miani, presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, aveva infatti dichiarato: “Si rincorrono in queste ore diverse bozze di decreto sulle annunciate ulteriori misure restrittive per contrastare la diffusione del Coronavirus dalle quali non si evince ancora con chiarezza quali attività professionali debbano essere sospese. Bozze dalle quali sembrerebbero inoltre emergere differenze tra provvedimenti nazionali e regionali da chiarire al più presto. In questa situazione di incertezza, sottolineiamo come quelli offerti dai commercialisti siano comunque servizi essenziali perle imprese e per i cittadini del nostro Paese. Per questo siamo convinti che la nostra attività debba andare avanti anche in questo drammatico frangente e anche in regioni quali Lombardia e Piemonte“.

Accanto a queste considerazioni, Miani ha ribadito la necessità di una “sospensione più prolungata di tutte le scadenze degli adempimenti e dei versamenti fiscali, in materia di lavoro e, in generale, connessi alle attività di competenza della professione“.

Una particolare attenzione, poi, merita la dichiarazione precompilata, che secondo i commercialisti dovrebbe essere accantonata per quest’anno.

Unitamente alle associazioni sindacali di categoria – afferma Miani – riteniamo che l’apertura dei nostri studi passi però necessariamente per la decisione a monte di una sospensione più prolungata di tutte le scadenze. Ad oggi queste sospensioni sono state soltanto parziali e di brevissima durata: a tal proposito basti pensare, a mero titolo esemplificativo, alla scadenza del 31 marzo per la presentazione delle Certificazioni Uniche e dei dati per la dichiarazione dei redditi precompilata che, considerato l’aggravarsi dell’emergenza in atto, dovrebbe semplicemente essere accantonata per quest’anno, in modo da eliminare in un colpo solo una serie di adempimenti utili soltanto a far sì che l’Agenzia delle entrate possa metter a disposizione un precompilato che, il più delle volte, è sempre un Commercialista a verificare e trasmettere alla stessa Agenzia“.

Infine, Miani chiede di “consentire la compensazione dei crediti per imposte dirette anche prima della presentazione delle dichiarazioni e di estendere ai commercialisti le misure di sostegno previste dal decreto legge n. 18/2020 a cui, attualmente, questi ultimi non hanno diritto“.

In questo difficilissimo passaggio per la vita del Paese i commercialisti sono pronti a non interrompere la loro attività, ma, ora più che mai, è necessario che siano messi nelle condizioni di lavorare. Chiediamo ci sia consentito di organizzarci per il meglio, tutelando noi stessi e i nostri cari“, conclude il presidente.

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