Il nuovo rapporto Censis sull’Avvocatura 2022 mostra una fotografia della professione non troppo rassicurante: ben il 32,8% degli avvocati starebbe infatti valutando l’ipotesi di lasciare l’attività, sia a causa dei costi eccessivi da sostenere che per il ridotto riscontro economico (63,7%). Il rapporto, frutto di un lavoro di analisi imponente, ha visto coinvolti oltre 30 mila avvocati e prende le mosse dal patrimonio di dati e conoscenze a disposizione di Cassa Forense.

Preoccupanti anche i dati relativi al reddito: nell’anno della pandemia, il reddito annuo medio di un avvocato iscritto alla Cassa si è ridotto di ben il 6%, collocandosi poco al sotto dei 38.000 euro. Una soglia che però è molto diversa tra uomini e donne, in quando la differenza tra il reddito medio di una donna avvocato e quello di un collega uomo è tale che per sfiorare, senza raggiungere, la somma percepita da un uomo sia necessario sommare il reddito di due donne: 23.576 euro contro i quasi 51.000 della componente maschile della categoria professionale.

Al calo dei redditi corrisponde anche un calo degli iscritti: il saldo finale fra iscrizioni e cancellazioni risulta negativo per 1.604 unità, per la prima volta nel nostro Paese. Gli iscritti nel 2021 alla Cassa Forense sono pari a 241.830 professionisti: di questi il 94,3% risulta attivo, mentre il restante 5,7% è rappresentato da pensionati contribuenti. È sicuramente ancora presto per capire se si tratti di un fenomeno contingente, da imputare ad esempio alle assunzioni nell’Ufficio del Processo, ma che senza dubbio è segno di una preoccupazione generale della categoria per la crisi economica generata dalla pandemia e aggravata dalla guerra in Ucraina.

Nonostante ciò, resta alto in valori assoluti il peso economico della categoria: 8,5 mld di redditi prodotti a fini Irpef nel 2020 (-4,1%), e un volume di affari Iva che raggiunge sempre nel 2020 I 12,8 mld (-4,6%).

A commentare i dati presentati dal Censis troviamo Antonino Galletti, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma: “ono numeri molto preoccupanti, quelli che emergono dal nuovo Rapporto Censis che rendono evidente la necessità di un intervento forte della politica per incidere almeno su una parte delle molte criticità che rendono difficilissimo esercitare la professione oggi”.

“Quando leggiamo che un terzo degli Avvocati oggi medita di lasciare la toga, non possiamo restare indifferenti- prosegue Galletti – soprattutto riguardo a difficoltà sulle quali si potrebbe intervenire. Fra le cause indicate dai colleghi rispondendo al sondaggio, vediamo che si pensa di mollare per l’eccessiva burocrazia oppure per l’instabilità normativa e per la durata abnorme dei processi”.

“È evidente che la pandemia ha inciso fortemente su altri aspetti, penso al calo della clientela, frutto di una crisi economica generale – conclude il Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati – ma se fra le cause di difficoltà troviamo che la professione viene vista come troppo costosa e poco remunerativa, allora vuol dire che per tanti avvocati, soprattutto i più giovani, il gioco non vale la candela: servono politiche fiscali a sostegno dei redditi dei colleghi e di tutti i professionisti in difficoltà. Prima che sia troppo tardi”.

Dello stesso avviso Francesco Paolo Perchinunno, Presidente Aiga, che chiede al Governo di “trovare risorse all’interno del PNRR per finanziare la riconversione delle nostre competenze ed incentivare le aggregazioni”.

Il ritratto degli avvocati secondo il Censis

Maschio e meridionale: ecco l’identikit dell’avvocato secondo la forografia scattata dal Censis, anche se tra gli under 30 la componente femminile è in maggioranza.

Come anticipato, rispetto al 202o si osserva una riduzione del numero degli iscritti alla Cassa Forense dell’1,3% (pari a 3.200 unità): gli avvocati attivi sono 4,1 ogni 1.000 abitanti.

Per quanto riguarda la distribuzione di genere, si registra una lieve prevalenza maschile, pari al 52,3% del totale. Per quanto riguarda invece la distribuzione geografica, si assiste invece ad una prevalenza della componente meridionale: circa un terzo degli avvocati risiede al Nord, contro il 43,8% degli avvocati presenti nel Mezzogiorno e il 22,5% nelle regioni centrali.

Per quanto riguarda l’età, invece, meno di 6 avvocati su dieci hanno meno di 50 anni, mentre gli over 60 sono poco più del 15% del totale. L’età media è quindi di 48,7 anni: quella degli iscritti attivi di 47,2 anni, mentre per i pensionati contribuenti l’età media è di 73,7 anni. La presenza delle donne sul totale degli iscritti è inversamente proporzionale all’età anagrafica, in quando il maggior numero di donne avvocato si registrano in tutte le classi d’età inferiori ai 55 anni e, tra gli avvocati sotto i 35 anni, il 59,1% è rappresentato da donne.

Le criticità della professione

Il 28,4% degli avvocati definisce critica la propria situazione nel corso del 2021, sia per la scarsità di lavoro che per un generale senso di incertezza. Circa un terzo degli avvocati quindi definisce la situazione lavorativa piuttosto critica, anche se secondo il 32,8% è possibile superare le difficoltà.

Per il 25,4% dei professionsti la situazione è in continuità con il 2020, mentre solo il 14% dichiara di aver visto miglioramenti rispetto all’anno precedente.

Il 23,3% fa, in prospettiva, una valutazione positiva per gli anni 2022 e 2023, mentre il 30% prevede un peggioramento nel corso di quest’anno e del prossimo. Il restante 46,7% non prevede cambiamenti, ma la quota di professionisti che sta pensando di lasciare l’attività coinvolge il 32,8% degli avvocati.

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Per quando riguarda il reddito medio, dal 2005 si registra una tendenza verso il basso, declinante, dovuta all’allargamento della base degli avvocati iscritti e alla progressiva estensione della componente femminile, che come detto risente di un importante gap reddituale.

Proprio in merito al gender gap, si registra una scarsa consapevolezza tra i professionisti: il 56,6% degli avvocati afferma che la differenza di reddito fra uomini e donne sia un dato di fatto, ma questa percentuale scende al 31,3% nel caso degli avvocati uomini, mentre sale all’81,9% nel caso di donne avvocato. Fra le cause del divario di reddito ci sono:

  • gli impegni familiari e la difficoltà di conciliare famiglia e professione (54,2% in totale, 49,6% donne e 66,3% uomini);
  • la presenza di discriminazioni dal lato della clientela (51,0% donne, 41,1% uomini);
  • la valorizzazione non adeguata del lavoro svolto dalle donne (50,3% le donne, 28,7% gli uomini).

A contribuire al calo del reddito concorre anche il periodo di sofferenza maggiore sopportato dalla professione in corrispondenza degli anni di recessione più dura per l’Italia, fra il 2012 e il 2017. Nel 2019 si era registrata un’inversione di tendenza che aveva visto il reddito medio salire oltre i 40.000 euro. Il 29,9% degli avvocati ha visto aumentare il fatturato del 2021 rispetto al 2020, mentre il 42,4% ha registrato una diminuzione, quota molto più elevata rispetto a quella di chi è riuscito a mantenere la propria attività in condizioni di stabilità (27,8%).

Le prospettive della professione

All’interno dei professionisti è in corso un ampio dibattito sul tema delle specializzazioni. Secondo il il 46,8% degli avvocati il diritto della crisi d’impresa e dell’insolvenza rappresenta la specializzazione, in ambito civile, con il maggiore potenziale di sviluppo nei prossimi tre anni.

Per quanto riguarda l’area penale, il 40,3% degli avvocati vede buone opportunità nelle questioni legate a internet, all’informazione e alle nuove tecnologie. Nell’area amministrativa prevale invece il diritto dell’ambiente e dell’energia (36,5%), il diritto sanitario (34,5%), il diritto urbanistico, dell’edilizia e dei beni culturali (21,8%).

Secondo il 42,2% degli avvocati sarà fondamentale offrire una pluralità di servizi, anche nell’ambito di realtà organizzative multidisciplinari e specialistiche. Il 35,2% sottolinea ancora di più il valore del rapporto di fiducia, mentre il restante 22,7% constata che la specializzazione si pone in alternativa al rapporto di fiducia e che quest’ultimo sia destinato a perdere di rilevanza.

Credits: AllaSerebrina/DepositPhoto