Il regime forfettario prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva del 15% sul reddito conseguito. In alcuni casi, disciplinati dall’art.65 della legge 190/2015, è però possibile applicare un’aliquota del 5%. Per poter beneficiare dell’aliquota agevolata è necessario rientrare in alcune condizioni, ossia:

  • non aver esercitato, nei tre anni precedenti all’inizio dell’attività, attività artistica, professionale o di impresa, anche in forma associata o familiare
  • l’attività da esercitare non deve in alcun modo costituire una mera prosecuzione dell’attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione del caso in cui l’attività svolta precedentemente consista nel periodo obbligatorio di pratica per l’esercizio di arti o professioni (come l’esempio del commercialista o dell’avvocato che deve svolgere un praticantato di 18 mesi prima di poter conseguire l’abilitazione)
  • nel caso in cui l’attività da esercitare sia stata precedentemente svolta da un altro soggetto, l’ammontare dei ricavi e dei compensi riferiti al periodo di imposta precedente al riconoscimento dell’aliquota al 5% non deve superare i 65.000€, cifra che costituisce anche il limite per la permanenza nel regime forfettario.

Il requisito inerente la prosecuzione di una precedente attività è quello che finora ha sollevato la maggior parte dei dubbi: approfondiamo questo aspetto.

Regime forfettario: la prosecuzione di una precedente attività

In merito a questo requisito per poter beneficiare del regime forfettario con aliquota al 5% si è espressa l’Agenzia delle Entrate con circolare n.10/2016, nella quale si legge: “(…) che il vincolo che la nuova attività non sia mera prosecuzione di una precedente attività d’impresa, di lavoro dipendente o di lavoro autonomo (salvo l’eccezione prevista per la pratica obbligatoria) persegue, in generale, una finalità antielusiva, poiché mira ad evitare che il beneficio possa essere fruito da soggetti che si limitino a modificare la sola veste giuridica della attività esercitata in precedenza o dispongano, scientemente, la mera variazione del codice ATECO sfruttando il cambio di denominazione previsto per il “rinnovo” dell’attività. Restano, peraltro, valide tutte le considerazioni già svolte con riguardo ai precedenti regimi, nel senso che la prosecuzione dell’attività deve essere valutata sotto il profilo sostanziale e non formale. A tal fine, pertanto, è indispensabile valutare se la nuova attività si rivolge alla medesima clientela e necessita delle stesse competenze lavorative”.

Appare quindi chiaro come il proseguimento di un’attività svolta in precedenza sia un elemento da valutare per ogni singolo caso pratico. Secondo l’Agenzia delle Entrate, si ha infatti una mera prosecuzione della stessa attività esercitata in precedenza quando la nuova attività presenta il carattere della novità solo sotto l’aspetto formale, ma di fatto è esercitata con una sostanziale continuità con la precedente, ad esempio nello stesso luogo, per gli stessi clienti e utilizzando gli stessi beni dell’attività precedente.

A questo punto è sorta fra gli addetti ai lavori una domanda fondamentale: se un dipendente svolge una certa attività e viene licenziato, può svolgere la stessa attività in regime forfettario beneficiando dell’aliquota al 5%?

Per rispondere a questa domanda è necessario rifarsi ai chiarimenti che Agenzia delle Entrate ha fornito in passato in merito ad altri regimi agevolati, come quello dei minimi. Ad esempio, è possibile far riferimento al provvedimento 185820 del 2011 riferito al “regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità”, D.l. 98/2011, dove si evidenzia come la condizione per la quale la nuova attività da esercitare non debba in alcun modo costituire una mera prosecuzione dei un’altra attività svolta in precedenza sotto forma di lavoro dipendente; tale limitazione non opera qualora il contribuente dimostri di aver perso il lavoro o di essere in mobilità per cause che non dipendono dalla propria volontà.

Queste indicazioni sembrano essere applicabili anche al regime forfettario.

In un altro documento, la circolare n°17/e 2012, è stato poi chiarito come l’applicazione rigida di tale principio renderebbe l’accesso al regime con aliquota al 5% molto complesso, specie da parte di lavoratori che hanno perso il lavoro: in tal caso è quindi possibile non applicare la finalità antielusiva della norma.

Completamente diverso è il caso di un lavoratore dipendente che, una volta in pensione, svolga la stessa attività sotto forma di lavoro autonomo: in tal caso non potrà beneficiare dell’aliquota agevolata al 5%

Fin qui tutto chiaro, se non fosse per alcune dichiarazioni contrastanti che emergono nella citata circolare n°10/e 2016, dove emerge che la prosecuzione di una precedente attività si configura anche nel caso in cui la cessazione del rapporto di lavoro dipendente non avvenga per volontà del lavoratore, mentre non si fa riferimento ai lavoratori in mobilità. Non ci sono invece riferimenti circa il licenziamento.

Appare quindi necessario un intervento chiarificatore dell’Agenzia delle Entrate, che faccia chiarezza sulla possibilità, per un lavoratore licenziato che intende svolgere in modo autonomo un’attività simile a quella precedere, di accedere al regime forfettario con aliquota al 5%.

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