Chiara Ferragni insegna: quella dell’influencer è ormai una professione a tutti gli effetti. Senza arrivare al giro di affari dell’influencer milanese, sicuramente irraggiungibile, sono sempre di più le persone impegnate in questa nuova professione digitale che, per quantità e qualità dei contenuti, rappresenta una nuova e remunerativa forma di marketing.

Aziende e imprese hanno ormai integrato le moderne tecniche di marketing ai modelli di business digitali, in modo da riuscire a commercializzare con successo un prodotto in un determinato mercato o una determinata fascia di mercato. In tal senso, sono sempre di più i brand, consolidati o emergenti, che scelgono di affidarsi all‘influencer marketing per far conoscere i propri prodotti sui social media.

Si tratta di un giro di affari importante che coinvolge i mercati digitali e che per forza di cose non può non attirare l’interesse del Fisco che, seppur con una certa lentezza, sta iniziando a capire come definire le nuove professioni al fine di inserirle nelle categorie reddituali già esistenti, in modo da aggirare il fenomeno dell’evasione fiscale.

Non parliamo ovviamente solo di influencer: anche altre nuove professioni digitale, come lo youtuber o il gamer, sono coinvolte in questo processo che vede l’adattamento di tali nuove professioni alle categorie reddituali codificate da tempo. Chi svolge queste attività infatti ha spesso raggiunto, da tempo, un livello di professionalità e un bacino di utenza molto ampio, tali  da permettere loro di percepire compensi anche piuttosto elevati.

Finora il Fisco, pur guardando con interesse a queste nuove professioni digitali, ha fornito solo chiarimenti sporadici, pertanto si tratta di un tema da affrontare con particolare cautela e senza alcuna pretesa di esaustività, vista anche la difficoltà di inquadrare le attività sopra indicate nelle attuali categorie reddituali, vista la loro particolare modalità di svolgimento.

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Le attività che permettono di percepire compensi, infatti, sono le più diverse: dalla disponibilità ad ospitare banner pubblicitari per la sponsorizzazione di prodotti o brand sul proprio blog o account social, alla vera e propria promozione di prodotti o  marchi, alla partecipazione ad eventi o fiere, fino alla vendita diretta di prodotti.

Un’ulteriore complessità è rappresentata dal luogo di svolgimento di queste attività: se nel caso di partecipazione a fiere ed eventi l’individuazione è semplice, non lo è altrettanto nel caso di sponsorizzazione online di un brand.

I redditi dell’influencer: lavoro autonomo o impresa?

Concentrandoci sull’attività di influencer svolta in modo professionale (e quindi prevalente, abituale e continuativa), è possibile ricondurre i compensi percepiti, dal punto di vista tributario, ai redditi di lavoro autonomo (art. 53 Dpr 917/1986, “Tuir”) oppure ai redditi di impresa (art. 55 Tuir), in base al tipo di organizzazione sottostante. Laddove l’attività sia organizzata in forma di impresa, quindi, i compensi percepiti saranno tassati come redditi di impresa, mentre in caso contrario i redditi potranno essere tassati come redditi di lavoro autonomo.

A volte, si assiste poi alla creazione di società che si interpongono tra l’influencer e il committente, con lo scopo di “ottimizzare” il carico fiscale: in questo caso infatti il compenso viene erogato alla società e non all’influencer, il quale può così usufruire delle aliquote minori previste dall’ordinamento tributario. Tuttavia, in molti casi no esiste una reale alterità organizzativa tra la società e la persona fisica che presta il proprio lavoro: in questi casi potrebbe quindi configurarsi un caso di interposizione reale.

Questo anche in considerazione del fatto che è proprio la notorietà dell’influencer ad essere motivo essenziale della contrattualizzazione di un accordo tra il brand e la società: gli accordi, per qualsiasi tipo di attività essi siano, trovano la loro ragion d’essere nel carattere personale delle prestazioni che vengono rese dall’influencer. In ragione di tale considerazione, l’Agenzia delle Entrate potrebbe disconoscere l’esistenza dalla società e riqualificare i redditi come redditi di lavoro autonomo o di impresa a carico dell’influencer, e quindi richiedere le maggiori imposte ed erogando le relative sanzioni.

In altri casi si assiste al tentativo di qualificare, sempre con lo scopo di minimizzare il carico fiscale, le prestazioni di sponsorizzazione come proventi del diritto d’autore. Questi tentativi rappresentano un’evasione di imposta (IVA) e come tali sono stati sanzionati sia dai giudici tributari che da quelli penali.

Il tema della residenza fiscale

Un aspetto fondamentale ai fini dell’imposizione del reddito degli influencer è determinato dalla residenza fiscale, specie per i professionisti che operano regolarmente in ambito internazionale. Inoltre, come anticipato, la caratteristica delle attività digitali è la difficoltà nell’individuare il luogo di svolgimento della prestazione, il che, da un punto di vista tributario, è rilevante: per i contribuenti che risiedono in Italia infatti i redditi sono imponibili ovunque essi siano prodotti, mentre per i non residenti il reddito potrà essere tassato in Italia in base al cosiddetto criterio della territorialità (art. 23 del Tuir) qualora lo stesso derivi da attività svolte in Italia (salvo diverse previsioni statuite tra gli Stati dalle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni).

L’Agenzia delle Entrate ha recentemente chiarito che sono imponibili in Italia i redditi che un influencer non residente percepisce per l’attività di shooting e per i compensi corrisposti per l’acquisizione dei relativi diritti di utilizzazione dell’immagine. Ad oggi, però, il Fisco non si è espresso in merito, ad esempio, ai redditi che derivano da un contratto di sponsorizzazione tramite post sui social network tra un marchio italiano e un influencer non residente.

Un altro tema di rilevanza internazionale è relativo al carattere artistico delle prestazioni svolte dall’influencer: tale attività possono considerarsi artistiche? Dalla risposta derivano delle conseguenze tributarie: le Convenzioni che l’Italia e la quasi totalità degli Stati hanno ratificato per evitare le doppie imposizioni infatti prevedono disposizioni particolari per artisti e sportivi. Pertanto, se il reddito da lavoro autonomo è prodotto da un artista con attività svolta nel territorio di uno Stato, quello Stato avrà la facoltà di tassare quel reddito a prescindere dalla residenza fiscale dell’artista. La difficoltà deriva dalla definizione del termine di artista, che impone di volta in volta un’analisi specifica per capire se se l’attività svolta dall’influencer possa qualificarsi come prestazione artistica o meno.

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