Il 2 dicembre scade il termine per correggere gli errori commessi nella dichiarazione dei redditi già inviata all’Agenzia delle Entrate, presentando una dichiarazione “correttiva dei termini”.

Infatti, se il contribuente, dopo l’invio della dichiarazione, si accorge di non aver indicato nel modello tutti gli elementi utili, oppure di aver commesso degli errori, esistono diverse soluzioni per poter rimediare,  con diverse scadenze e tempistiche.

Ecco quindi come correggere la dichiarazione dei redditi e quali sono le conseguenze di eventuali ritardi.

La scadenza del 2 dicembre

La prima scadenza utile per correggere la dichiarazione dei redditi è il 2 dicembre: entro questo giorno è possibile presentare il modello Redditi Pf 2019 barrando la casella “correttiva nei termini” nel frontespizio. Questa modalità può essere utilizzata da chi ha dimenticato di dichiarare dei redditi nel 730/2019, oppure ha indicato oneri deducibili o detraibili in misura superiore a quella effettivamente spettante, ad esempio deducendo contributi relativi alla previdenza complementare già introdotti dal datore di lavoro.

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Se dalla dichiarazione correttiva emerge un maggior importo a debito, il contribuente dovrà procedere contestualmente alla dichiarazione con il pagamento dei tributi dovuti, degli interessi (calcolati al tasso legale con maturazione giornaliera) e della sanzione in misura ridotta, in base a quanto previsto dall’art.13 Dlgs 472/97 sul ravvedimento operoso.

Correggere la dichiarazione dei redditi dopo il 2 dicembre

Se l’errore emerge solo dopo il 2 dicembre, è comunque possibile inviare un modello Redditi Persone Fisiche entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello della dichiarazione da correggere, e perciò entro il 31 dicembre 2024. In tal caso nel frontespizio sarà necessario barrare il codice 1.

Questa possibilità può essere utilizzata sia per dichiarazioni integrative “a sfavore” che per quelle “ a favore”, ossia sia per quelle che comportano un maggior debito di imposta (o un minor credito) sia per quelle dalle quali invece deriva un maggior credito, un minor debito o un’imposta invariata.

Anche in questo caso, per il pagamento dei tributi si applicano le regole del ravvedimento operoso. Il livello di sconto varia in base alle tempistiche del ravvedimento:

  • 1/10 o un 1/9 del minimo se si paga il tributo o l’acconto entro 30  o 90 giorni dal temine del versamento, a partire dalla scadenza dalla dichiarazione, o dalla commissione dell’errore
  • 1/8 del minimo se si regolarizza l’errore commesso entro il termine di presentazione della dichiarazione dell’anno in cui è stata commessa a violazione, o, se non prevista, entro un anno dall’errore
  • 1/7 del minimo se si regolarizza entro il secondo anno successivo
  • 1/6 del minimo dal secondo anno successivo in poi
  • 1/5 del minimo per le regolarizzazioni delle violazioni contestate anche dopo accessi, verifiche o altre attività amministrative.

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Inoltre, se il ravvedimento avviene in tempi particolarmente brevi è possibile beneficiare anche dell’agevolazione prevista dal Dlgs 158/2015, che prevede la riduzione alla metà della sanzione ordinaria per i versamenti effettuati entro i 90 giorni dalla scadenza.

Per i versamenti effettuati con non più di 15 giorni di ritardo (il cosiddetto ravvedimento sprint), la sanzione del 15% è ridotta ulteriormente di 1/15 per ogni giorno di ritardo. In sede di ravvedimento, quindi, la sanzione da versare sarà pari allo 0,1% per ogni giorno di ritardo.

Dichiarazione integrativa e rimborsi

La presentazione della dichiarazione integrativa non blocca le procedure avviate con la presentazione del 730 originario. Il datore di lavoro o l’ente pensionistico, quindi, avrà comunque l’obbligo di procedere con i rimborsi o le trattenute delle somme dovute nella busta paga o nella pensione di novembre.